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Scienza: il caro estinto

il blog di stefano Dec 16, 2021

Lo confesso: io non presto molta attenzione ai “virologi” televisivi. E nemmeno la presto a quelli che, chissà perché, ci ostiniamo ad etichettare come “politici”. È inevitabile, però, che io viva in un mondo pesantissimamente influenzato da “virologi” e da “politici” che mi dettano la corretta via o, almeno, quella del gregge.

Lo so: tutto ciò che ho studiato nella mia vita è da buttare, e altrettanto da buttare è il frutto di mezzo secolo di ricerca con qualche scoperta che, in tutta modestia, qualcosa vale. O, almeno, varrebbe se la scienza sperimentale, vale a dire quella che all’incirca da Galileo in poi è chiamata scienza, valesse.

Oggi, grazie al progresso che caratterizza i nostri tempi, la ricerca non è più necessaria. Anzi: è fastidiosa. Quanto alla scienza, abbiamo assistito alla sua provvidenziale scomparsa tra applausi entusiastici e sospiri di sollievo dei più. Morta e sepolta non solo senza una lacrima (“a noi prescrisse il fato illacrimata sepoltura”) ma in gran festa (“nunc est bibendum, nunc pede libero pulsanda tellus”.)

Una domanda, tuttavia, mi sgomita nel cervello.

Molti ani fa, ai tempi del mio liceo, la professoressa di filosofia ci raccontava di un tale filosofo il quale sosteneva che gli esperimenti sono una domanda che si fa alla Natura e alla quale la Natura è forzata a rispondere. È evidente che gli esperimenti si fanno proprio per questo: per avere risposta su che cosa succede quando io faccio una determinata azione. Me lo domando perché non lo so.

Accettando per comodità, in tempo di Covid, che i prodotti chiamati vaccini, vaccini siano per davvero, è evidente che nessuno di questi è stato sperimentato, cosa che è candidamente dichiarata dai produttori stessi, forti della loro licenza. Da qui, la domanda alla Natura: “Che cosa succede se io somministro quella roba agli esseri umani?” Ora, chiunque abbia un minimo di esperienza e una briciola di cultura sa che la Natura risponderà in modo statistico e impiegherà diverse generazioni umane per farlo. Ma già qualcosa, o, forse, molto più di qualcosa ci ha detto.

A questo punto è indispensabile disturbare la quiete del cervello per impegnarlo in un ragionamento, dopotutto, molto semplice.

Quando si esegue un esperimento con tutti i crismi delle regole del caso, e questo esperimento fallisce, la risposta è già servita. Se si dubita della bontà del percorso seguito, dubitando, cioè, di noi stessi, si può ripetere l’esperimento. Nel caso in cui la risposta sia identica alla prima, i dubbi svaniscono. Ma non si creda di aver lavorato inutilmente: quel fallimento ripetuto ci dice chiaramente che non dobbiamo più perdere tempo e dobbiamo seguire un’altra strada.

Se, liberi da pregiudizi e da interessi, rivolgiamo la nostra attenzione alle cosiddette “vaccinazioni” anti-Covid19 ormai somministrate a 9 italiani su 10 (parola del presidente Sergio Mattarella) e, contemporaneamente, ascoltiamo i comunicati dei “virologi” e dei “politici” ripetuti fino allo sfinimento da TV, radio, giornali e Internet grazie ai quali il popolo viene informato che “i contagi aumentano”, ecco che la risposta è recapitata: quella strategia ha palesemente fallito, per di più al terzo identico tentativo. Dunque, se si vuole proseguire nella guerra contro una malattia che ha ufficialmente lo 0,2% di mortalità, dobbiamo imboccare un’altra strada. Questo a meno che non ci siano motivazioni che non hanno nulla a che fare con la scienza, con la medicina e pure con la più semplice razionalità, motivazioni alle quali io m’inchino.

Aggiungo pure che, sempre che si voglia restare al vecchio concetto ormai soppresso di scienza, ogni affermazione deve essere confortata da dimostrazioni ineccepibili che abbiano superato la prova del confronto o, come usa dire alla Popper, della falsificabilità.

Ad oggi, nulla di tutto questo, ma, come da giusto preludio al risorto autodafé, ritratto tutto quanto ho studiato e scoperto nel corso della mia vita non solo inutile ma sbagliata. Vedi mai che Mammona mi accolga nella sua beatitudine.

 

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