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Montanari... Che paura!

il blog di stefano Aug 31, 2022

P.S. del 3 settembre

Mi rendo conto che il video è più lungo del tempo medio di attenzione, ma per documentare la vicenda era necessario entrare nei particolari. https://youtu.be/2SdXXjRLfmI; https://fb.watch/ff46schtg9/

Mi rendo pure conto che i troll non perderanno tempo ad ascoltare, e daranno libero sfogo alla propria passione senza curarsi dei fatti come, del resto, è loro consolidato costume.

In pochissime parole, Vita, e io in particolare, siamo esclusi dalle schede elettorali nella regione Campania. La ragione addotta non sta in piedi, ma così è. Siamo piccoli, ma facciamo tanta paura perché anche una sola voce potrebbe causare imbarazzo per la compattezza di un parlamento che deve restare senza opposizione.

Per questo, perdendo gli elettori campani, (ma io sarò presente in altri collegi) occorre qualche altro migliaio di voti perché Vita sia rappresentata in parlamento.

Credo sia inutile ripetere che noi ci batteremo per abolire gli ordini professionali. Per quanto riguarda la cosiddetta giustizia, sarà inevitabile intervenire anche su quello spinoso argomento.

Se lo vorrete, noi ci saremo.

P.S. del 3 settembre.

Una delle mie ubbie (hobby) è scrivere racconti. Stamattina, non so perché, e senza che la cosa abbia a che vedere con alcunché di contingente o con persone reali o fatti accaduti, me n'è venuto in mente uno:

A volte i calcoli fatti su presunzioni cronologiche della fisiologia non funzionano. E quello fu un errore: uno di quelli che possono capitare. Così, non voluta, nacque la bambina. Crescere male era inevitabile. Pareva che anche la Natura l’accettasse di malavoglia.
Fu un’infanzia di solitudine, sempre appartata a guardare gli altri bambini che giocavano tra loro, sempre senza di lei, e quei bambini, ogni giorno che passava, lei li odiava di più.
Avara, la Natura non le aveva regalato alcuna dote, meno che mai l’intelligenza. Allora, a scuola, non le restava che sgobbare su libri di cui, tutto sommato, capiva poco. Furono anni di mediocrità marcati dall’invidia verso chi, per meriti che lei giudicava immeritati, brillava. Per quanto si sforzasse, non riusciva ad ottenere più di una risicata sufficienza da parte d’insegnanti che proprio non volevano comprendere la grandezza che lei era certa di possedere. A lei non restava che tentare qualche dispetto, qualche maldicenza, nei loro riguardi, compagni ed insegnanti: dispetti e maldicenze che cadevano regolarmente nel vuoto perché nessuno aveva la minima considerazione per quella ragazza che, al di là di qualche leggero fastidio, non lasciava traccia. E ad ogni fallimento l’odio lievitava.
A quel tempo usavano le festicciole pomeridiane di compleanno, e lei quei pomeriggi li passava da sola nella sua stanza. Nemmeno i compagni che abitavano vicino a casa sua camminavano con lei al ritorno della scuola: a dieci passi da lei, la ignoravano.
Bene o male, arrivò una laurea, e con la laurea l’impiego in un’università dove gli studenti che le erano affidati si prendevano gioco di lei, della sua ignoranza, della sua grottesca presunzione, della sua perfidia. La imitavano ridendo sguaiatamente. Quanto ai colleghi, tutti la evitavano per quanto possibile, e i suoi superiori allargavano le braccia quando arrivavano le lamentele di chi non ce la faceva più a sopportare quella poveretta.
Vita sociale non ne aveva. Meno che mai affetti. Nemmeno il prete, scivolando fuori della sua missione, le prestava attenzione. Ma di attenzione lei era affamata, e avrebbe fatto qualunque cosa pur di avere un attimo di ribalta. E qualunque cosa fece, prendendo di mira le persone che più attiravano il suo odio: quelle che avevano successo nella loro professione, un successo che, nella sua mente, doveva toccare a lei.
Gli anni passarono inesorabili e grigi.
Morì suicida, lasciando una lunghissima lettera sgrammaticata che non fu letta nemmeno dal magistrato che dovette burocraticamente occuparsi del caso, un caso archiviato in tutta fretta perché c’erano cose più importanti da fare.

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